Punto nascita, il Tar boccia il ricorso del Comune

ATRI – Il Tar dell’Aquila ha bocciato il ricorso del Comune di Atri contro la chiusura del punto nascita dell’ospedale San Liberatore. La sentenza, pubblicata questa mattina, rigetta tutte le censure mosse dall’amministrazione guidata dal sindaco Gabriele Astolfi, definendo infondate quelle mosse in ordine alla presunta erronea applicazione del criterio del numero dei parti ed inammissibili le doglianze relative all’inattendibilità delle tempistiche di attuazione del cronoprogramma Asl. Sul primo aspetto, il Tar rileva come resti "irrilevante il dato relativo al 2014 (anno in cui il punto nascita di Atri ha superato i 500 parti), in quanto il decreto commissariale, essendo il frutto di un’attività di studio, esame e monitoraggio svolto dal CPNR, ha preso in considerazione un lasso temporale sufficientemente lungo e aggiornato per valutare il superamento della soglia numerica indicata dall’accordo Stato-Regioni del 2010, oltre al numero di sale travaglio e sale parto idonee a garantire il numero di parti prevedibili, il rispetto degli standard previsti dall’Accordo del 2010, il riequilibrio territoriale dell’offerta e il bacino di utenza". Ma non solo. Il Tar infatti ritiene inammissibile anche gli altri profili di contestazione mossi dal Comune e relativi a carenze previsionali del cronoprogramma operativo in merito alla terapia intensiva neonatale e al sistema di trasporto per le donne partorienti e per le neomamme. Profili che, sottolinea il Tar, non sono "direttamente collegati alla soppressione del punto nascita di Atri, perché entrambi connessi alla classificazione di secondo livello dell’ospedale di appartenenza".

Il Comune farà ricorso al Consiglio di Stato. Il Comune ha comunque già annunciato ricorso al Consiglio di Stato. «Ancora non ho letto le motivazioni della sentenza – commenta il sindaco di Atri, Gabriele Astolfi – ma andremo sicuramente avanti. Faccio solo presente che sia ieri che oggi ad Atri due donne incinte che avevano problemi e che si sono recate al pronto soccorso sono state costrette ad arrivare a Teramo con la propria auto, non essendoci possibilità di trasportarle in altro modo»..